Se la Serra Dolcedorme è considerata una delle grandi cime dell'Appennino inteso nella sua interezza, il Cozzo del Pellegrino è certamente una delle più imponenti e grandiose del mezzogiorno, che si innalza quasi fino a duemila metri e dalla cui cima si possono ammirare grandi foreste, montagne e i mari Ionio e Tirreno. Impressionanti le pendici occidentali, che si gettano nella valle dell'Abatemarco in un salto di oltre 1500 metri. Più dolce il lato orientale, selvoso, ben visibile da molto lontano, soprattutto dalle alture della Sila Grande, ma anche dalle vicine pianure ioniche e dalla valle del Crati. Ho avuto modo di ammirarlo anche da Vibo Valentia e dalle coste adiacenti.
Non basta una descrizione su un testo di cronaca di viaggio per far intendere l'amenità di questo monte, situato in quelle che venivano chiamate le montagne senza nome, oggi note come Monti dell'Orsomarso (dai viaggi di scoperta effettuati negli anni sessanta e settanta da Franco Tasso e Fulvio Pratesi). Dalla vetta la scena è da togliere il fiato e i due mari Ionio e Tirreno si abbracciano in un'unica visione al centro della quale entrano nella visuale altre cime appenniniche e grandi foreste: la sintesi di una Calabria che da un punto di vista geografico si riveste di quasi tutte le sembianze di paesaggio del vecchio continente: l'"Europa intera" in un piccolo lembo di terra circondato dal mare.
Seguente la mappa del sentiero che da San Donato raggiunge la sommità.
9 febbraio 2021: primo tentativo, fino al valico di Cozzo del Mangano
Un primo tentativo di raggiungere la più alta vetta dell'Orsomarso risale al 9 febbraio.
Escursione in una montagna che mostra i tepori di una prematura primavera, con i fiori che iniziano a tappezzare le radure e con le nevi che oramai si son ritirate nelle alte quote. Una situazione che ha i giorni contati e le previsioni per i dì seguenti danno neve anche in collina, quasi fino in pianura, nella Calabria settentrionale.
Da San Donato di Ninea raggiungo il magnifico belvedere di Cozzo del Mangano passando da Serra Cerasia.
Dalla chiesa parrocchiale mi reco sulla strada vecchia per Acquaformosa che, superate delle fontane, al bivio, seguo a destra. Qualche centinaio di metri più avanti svolto lungo lo sterrato (molto battuto) che si stacca a sinistra e risalgo tra i castagni. Al bivio procedo a sinistra, tralasciando la via secondaria che si stacca a destra. Al successivo crocevia viro sempre a sinistra e, al nuovo incrocio, nuovamente a sinistra. Si passa accanto a una stalla e, poco su, tralascio il sentiero che si diparte a sinistra ed entro in un ontaneto.
L'ontaneto di cui si parla nel testo
Dopo di che giro a sinistra lungo il sentiero che inizia a salire lungo la cresta principale di Serra Cerasia, a tratti molto panoramica, da dove è possibile veder le cime de La Mula, de la Muletta e, sul lato opposto, l'affascinante Monte Caramolo.
Sbuco così sullo sterrato proveniente dalla carrozzabile che dal paese permette di raggiungere il Piano di Lanzo. Proseguo a destra e risalgo nel bellissimo ontaneto che più in alto ancora lascia spazio alla faggeta d'alto fusto e dove iniziano ad esserci tracce di neve.
Bosco di ontano napoletano
Supero Piano Acqua Marchesano, il punto in cui la via principale incrocia il sentiero CAI proveniente dal Piano di Lanzo. In alto le magnifiche rocce di Piano di Rose, visibili da molto lontano.
Le rocce sopra Acqua Marchesano
Piano Acqua Marchesano
L'ascesa prosegue nella faggeta, a tratti vetusta, e poco su il bosco viene interrotto dalla splendida prateria di Piano Pulledro, tappezzata di crochi, quest'anno sbocciati decisamente in anticipo. Ma nei prossimi giorni le nevi torneranno a esser abbondanti e la primavera con i suoi colori tornerà a lasciar spazio al bianco candore e al freddo.
Faggeta tra Acqua Marchesano e Piano Pulledro, con esemplari vetusti
Crochi
Crochi tra le felci secche di Piano Pulledro
Al bivio giro a sinistra. Poco su il manto nevoso inizia ad avvolgere il sentiero e la coltre dura e scivolosa rende alquanto rischioso il cammino.
Il sentiero appena superato il bivio di Piano Pulledro
Particolare dolina sulla sinistra, situata pochi metri prima del cosiddetto "valico di Cozzo del Mangano", punto in cui il sentiero svolta a sinistra. A destra, invece, la sommità del monte, che possiamo considerare un contrafforte boscoso orientale di Cozzo del Pellegrino.
La dolina, dove la neve può persistere fino a giugno
Inizia ad aprirsi verso nord
Poco su un magnifico panorama si apre in direzione nord: una vista sulle grandi foreste del nord Orsomarso, con le vette che fanno da corona ai piani di Novacco, di Vincenzo e di Tavolara. Tutto avvolto da un'unica immensa foresta di faggio che in alcuni punti mostra il suo volto vetusto con esemplari molto antichi.
Verso Timpone della Magara e Monte Scifarello. Lontana la Coppola di Paola
Da questo punto proseguire oltre si rivela un rischio. La neve è particolarmente scivolosa e senza ramponi risulta difficile e pericolosa la marcia. Inoltre ho già i piedi fradici a causa della non impermeabilità degli scarponi. Quindi deciso di voltarmi.
La cima di Cozzo del Mangano
La Mula
Al bivio di Piano Pulledro invece di svoltare a destra (per Acqua Marchesano e Serra Cerasia) proseguo diritto lungo la via che viaggia a mezza costa a est di Cozzo del Mangano.
Bellissima la foresta di faggi lungo codesta pista, caratterizzata anche da imponenti massi calcarei.
Cammino fino alla radura cosiddetta di "Acqua del Mangano", caratterizzata anche da abeti di rimboschimento.
Prendo così la via del ritorno.
Radura tra Piano Pulledro e Acqua del Mangano, con panorama verso sud est. Si vede il Lago Esaro.
La Scilla silvestre (Scilla bifolia L.), a Piano Pulledro
Da Serra Cerasia verso La Mula avvolta dalle nubi
Viola
17 maggio 2021: secondo tentativo, fino alla grande prateria di Valle Lupa
Il 17 maggio 2021 è una giornata ventosa sui Monti dell'Orsomarso, a tratti con raffiche molto forti. Non molto idonea quindi per salire su una cima sempre sotto il vento a prescindere, figuriamoci in questa situazione climatica particolare. Mi avvio comunque nel verde intenso di codesta montagna, sferzata dal forte libeccio, per pervenire la bellezza solenne che qui sa di sublime e di arcano.
Decido di partire molto presto e alle 5.55 del mattino sono già nel bosco.
Contrafforti di Cozzo del Pellegrino
La temperatura non è particolarmente fresca, ma il vento è fortissimo.
Castagni secolari, appena fuori da San Donato di Ninea
Verso il Mar Ionio e il Golfo di Corigliano
La valle del Crati e la Sila
Il Mare Ionio da Serra Cerasia
Monte Caramolo da Serra Cerasia
Il sentiero lungo la Serra Cerasia
Il sentiero di Serra Cerasia
Bosco di ontano napoletano
La Mula da Serra Cerasia
Sul crinale di Serra Cerasia
Da Piano Pulledro
Da Piano Pulledro verso la Catena Costiera
La dolina prima di Cozzo del Mangano
Monte Sirino da Cozzo del Mangano
Le foreste del nord Orsomarso guardando verso la Serra di Novacco
Da valico di Cozzo del Mangano, punto in cui mi son fermato la volta precedente, proseguo in salita nella neve che ancora insiste abbondante a queste quote. Dopo un inverno mite ha preso piede una primavera che ha mostrato il suo lato più estremo. E le nevicate più intense della stagione sono state appunto in aprile, che molto probabilmente è stato il mese più freddo per la montagna calabrese.
Si ripresentano così le condizioni di febbraio, questa volta rese ancor più difficili dal vento, decisamente freddo a tali quote, nonostante si tratti di libeccio.
La Serra Dolcedorme da Valle Lupa
Nonostante la presenza di tanta neve riesco a salire fino alla grande prateria d'alta quota di Valle Lupa, situata a oltre 1800 metri, con faggi vetusti che ovunque si posa lo sguardo è possibile ammirare, soprattutto ai margini nord-orientali della radura. Mancherà massimo un km di salita per la sommità di Cozzo del Pellegrino, ma affrontare le ripide pendici della fascia più alta con questa coltre nevosa e con le forti raffiche è un rischio che non mi va di correre e quindi scelgo di non proseguire e di ritornare a valle, ma solo dopo avermi goduto questo magnifico scenario montano che si sta svegliando dal sonno di pietra dell'inverno, che qui mostra i suoi denti aguzzi più intensi.
Valle Lupa
Guardando verso la fascia sommitale di Cozzo del Pellegrino
Faggeta microterma vetusta, a Valle Lupa
Faggi vetusti, Valle Lupa
Faggi vetusti, Valle Lupa
Il margine orientae della radura di Valle Lupa, con faggi vetusti
Cozzo del Mangano
La Mula da Serra Cerasia
26 giugno 2021: finalmente in vetta
Bandiere sulle montagne non ne porto: sulle cime io non lascio mai
niente, se non, per brevissimo tempo, le mie orme che il vento ben
presto cancella.
Reinhold Messner
Reinhold Messner
Il 26 giugno, partendo sempre dal paese, mi metto nuovamente in cammino e dalla grande radura di Valle Lupa proseguo lungo il sentiero, nel bosco di faggi che si fa sempre più cespuglioso fino a diradarsi e a lasciar spazio al cupolone sommitale. Via via il panorama si fa sempre più aperto e in cima l'immenso si mostra in ogni spazio si posa la vista. Una vetta forse un po' trascurata rispetto ad altre cime del Parco del Pollino, ma è senza dubbio una meravigliosa montagna situata al centro di un grande polmone verde di foreste che in Appennino mostra in pochi altri settori codesta vastità. Una wilderness verde di faggi dove si innalzano altri cupoloni spogli di vegetazione da dove è possibile scrutare altri luoghi lontani e le alterità di paesaggio che nelle alte quote risultano più evidenti.
Seguenti le immagini dell'escursione.
Prima di una lunga serie di immagini, scattata alle sei del mattino nel castagneto presso San Donato di Ninea, pendici di Serra Cerasia
Gli strapiombi cacarei di Piano di Rose, riprese da Acqua Marchesano
La grande radura di Valle Lupa
La dolina a nord della vetta di Cozzo del Pellegrino
Dal crinale di Cozzo del Pellegrino verso sud. Tra le cime l'affascinante La Mula
La vetta
Il nord Orsomarso con la cima di Monte Caramolo. Più in lontananza le cime del Massiccio del Pollino
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