La quasi totalità degli escursionisti che frequentano il massiccio del Pollino sono attirati a venir fin quassù dai grandi panorami che si aprono dagli alti crinali e dalle vette rocciose spoglie di vegetazione. Solo una piccolissima minoranza si avventura per andare alla scoperta della vegetazione montana che caratterizza il piano delle foreste, sottostante a quello alto-montano appenninico delle zone più alte.
Da un certo periodo di tempo si parla della faggeta vetusta sommitale di Cozzo del Ferriero, nell'area di Coppola di Paola, in territorio lucano. Recentemente è stata riconosciuta Patrimonio mondiale dell'umanità dell'Unesco. Parte del limite del tratto di bosco rientrante ricalca esattamente la linea di confine tra le due regioni, come se madre matura, nel corso dei decenni, avesse tenuto conto dei confini amministrativi futuri per realizzare il suo portento forestale. Cose che fanno "politicamente" pensare.
Nei pressi del Piano di Aquafredda, nel comune di Civita, dunque versante calabrese, abbiamo un gioiello a mio giudizio decisamente superiore, sconosciuto ai più e soprattutto dall'Ente Parco Nazionale del Pollino. Sentieri per arrivarci non c'è ne sono, ma servendoci del gps siamo riusciti, io e l'amico Emilio, a pervenire il tratto in questione, lungo le ripide pendici settentrionali della montagna più alta dell'Appennino Meridionale.
Nei pressi del Piano di Aquafredda, nel comune di Civita, dunque versante calabrese, abbiamo un gioiello a mio giudizio decisamente superiore, sconosciuto ai più e soprattutto dall'Ente Parco Nazionale del Pollino. Sentieri per arrivarci non c'è ne sono, ma servendoci del gps siamo riusciti, io e l'amico Emilio, a pervenire il tratto in questione, lungo le ripide pendici settentrionali della montagna più alta dell'Appennino Meridionale.
Dal Colle dell'Impiso (1573 m), attraverso il bel sentiero dei carbonai, scendiamo al Piano di Vacquarro (1502 m), la località nella valle del Frido, alle falde del M.Pollino e di Serra del Prete, crocevia di numerosi percorsi.
Incrociamo lo sterrato, proveniente sempre dall'Impiso e diretto verso Piano Gaudolino, e proseguiamo liberamente, in discesa, in direzione del torrente Frido, che guadiamo da una sponda all'altra. Praticamente non scorre un filo d'acqua: la gran siccità di questa estate ha completamente assetato le montagne calcaree dell'Appennino. Le rocce antiche dell'Appennino Calabrese (Catena Costiera, La Sila, Le Serre e l'Apromonte), invece, fanno sgorgare acqua in abbondanza anche nella più siccitosa stagione calda degli ultimi decenni. Una differenza più che evidente visto l'origine geologica diversa delle montagne a nord e a sud del Passo dello Scalone, considerato il confine naturale tra l'Appennino Calabro-Lucano e l'Appennino Calabrese.
Il sentiero dei carbonai
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Il sentiero dei carbonai che sbuca nel Piano Vacquarro. In lontananza il Monte Pollino |
Dunque, dal Frido, ci alziamo verso la radura dove incrociamo la strada bianca che ci conduce, seguendola verso destra, dopo aver attraversato il Bosco di Chiaromonte, alla grande prateria del Piano Toscano (1790 m).
Nonostante la quota, al sole, il caldo si fa sentire decisamente. Quest'anno l'anticiclone africano sembra proprio non voler lasciar tregua.
Ci muoviamo sempre di più verso sud-est, avendo alla nostra destra (sud sud-est) i grandiosi M.Pollino e Serra Dolcedorme, e a nord est l'altro imponente duemila di Serra delle Ciavole.
E' uno spettacolo, come si suol dire.
All'estremità orientale dell'immensa prateria d'altitudine ci immergiamo nuovamente in foresta, in leggera salita, quando improvvisamente ci raggiungono due coniugi dal Trentino. Essi son diretti sulla Serra delle Ciavole dal versante meridionale e manifestano un certo disagio per via del sentiero mal tracciato. Ma noi del sud siamo ormai rassegnati, e non ci facciamo nemmeno tanto caso, della cattiva amministrazione delle nostre ricchezze e bellezze. Ma chi viene da fuori rimane un po' perplesso, visto la cattiva gestione che è possibile notare anche percorrendo un sentiero di montagna come questo, senza una traccia evidente e con scarsa segnavia che confonde riguardo al tracciato da seguire.
Poco su ci allontaniamo dal sentiero, verso destra, e andiamo liberamente ormai lungo le pendici di Serra Dolcedorme, passando anche da una bella radura.
Salita costante e mai troppo in pendenza, fino ad arrivare al ripido costone nord della montagna, spartiacque tra il bacino idrografico del Sinni e del Raganello, dove entriamo completamente in territorio calabrese.
Seguiamo il costone per un centinaio di metri verso monte (destra). Giungiamo quasi al limite del bosco (quota 2000), dove possiamo ammirare la rocciosa Timpa di San Lorenzo.
Ci fermiamo per un attimo a consumar la colazione e per rinfrancarci dalla fatica. Praticamente siamo proprio sopra il bosco di faggi vetusto.
Dobbiamo solamente scendere liberamente, a sinistra del costone guardando verso monte. Il terreno è decisamente erto e il rischio di scivolare e di farci male è decisamente elevato. Il tutto complicato anche dalla presenza di pietrisco calcareo che sotto le scarpe diventa come olio. Entriamo, quindi, nel santuario verde di creature viventi fantastiche facendo attenzione a non scivolare giù.
In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso, scriveva Aristotele. La natura non ha fretta, eppure tutto si realizza, affermava un pensiero del filosofo cinese Lao Tsu.
Non riesco a trovare aggettivi per descrivere la maestosità di questo tratto di foresta. Eppure nessuno ne parla, nessuno si sente attirato a venir fin qui, su internet non si trova assolutamente nessuna informazione dell'esistenza di questi faggi tra codeste ripide pendici.
Ovunque si posa lo sguardo notiamo delle somme meraviglie favolesche, che secoli di inverni e tempeste terribili si sono posati su questi fusti dalla chioma regale.
La vista non si vuol staccare da questi immensi esseri che la natura ha forgiato con tanto minuzioso estetismo, ma dobbiamo continuare il percorso. Scendiamo così liberamente diretti nel sottostante Piano di Acquafredda (1800 m). Le ripide pendici si fanno via via più accessibili e facili da percorrere e usciamo fuori dal bosco monumentale per addentrarci dentro il grande pianoro assolato tra il Dolcedorme e la Serra delle Ciavole.
Intercettiamo così il sentiero, che attraversa la radura da sud-est verso nord-ovest e procediamo a sinistra, con la faggeta che torna ad avvolgerci , che continua a esser bellissima con grandi esemplari.
Ci avviamo quindi verso il punto di partenza.
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Dal Piano Toscano verso la Serra Dolcedorme |
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Il versante nord del Pollino |
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Serra delle Ciavole |
Il Canale di Malavento
La Serra delle Ciavole appare sempre più imponente
E' uno spettacolo, come si suol dire.
Poco su ci allontaniamo dal sentiero, verso destra, e andiamo liberamente ormai lungo le pendici di Serra Dolcedorme, passando anche da una bella radura.
Dobbiamo solamente scendere liberamente, a sinistra del costone guardando verso monte. Il terreno è decisamente erto e il rischio di scivolare e di farci male è decisamente elevato. Il tutto complicato anche dalla presenza di pietrisco calcareo che sotto le scarpe diventa come olio. Entriamo, quindi, nel santuario verde di creature viventi fantastiche facendo attenzione a non scivolare giù.
La vista non si vuol staccare da questi immensi esseri che la natura ha forgiato con tanto minuzioso estetismo, ma dobbiamo continuare il percorso. Scendiamo così liberamente diretti nel sottostante Piano di Acquafredda (1800 m). Le ripide pendici si fanno via via più accessibili e facili da percorrere e usciamo fuori dal bosco monumentale per addentrarci dentro il grande pianoro assolato tra il Dolcedorme e la Serra delle Ciavole.
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Serra del Prete dal Piano di Ruggio |
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